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Il “Remote” è morto. Lunga vita al Distributed

27 Novembre 2016 - Tempo di lettura: 8 minuti

remote-distributed-2xLa parola “remote” viene utilizzata con accezione negativa: indicando qualcosa o qualcuno che è molto lontano, isolato. Qualcosa o qualcuno che è in contatto con la realtà di come stanno realmente le cose.

Se ci immergiamo nella realtà dello sviluppatore di software e pensiamo al termine remote, ci viene in mente sicuramente l’accesso a una macchina che sta al di fuori della nostra portata, della nostra vista, ma che comunque può essere controllata. La comunicazione in questo caso è unidirezionale.

Il termine remote si concentra sul fatto di dove il membro del team si trovi. Non affronta il tema su ciò che c’è da fare per il team, o su come deve essere fatto. Il dove è del tutto irrilevante per il lavoro.

Per contro, il termine distributed, si presta naturalmente a pensare a quello che deve essere fatto e come fare per farlo insieme.

La comunicazione in un team distributed non è unidirezionale, non è nemmeno bidirezionale, è n-direzionale in quanto ogni individuo qui decide come lavorare insieme verso un obiettivo comune.

Un’organizzazione passando dall’aver lavoratori remoti al modello distribuito, aiuta i teams a distinguere la mentalità remota contro quella in-office.

In un modello remoto, è comune per coloro che sono in un ufficio (che possono benissimo essere lontani dalla sede di lavoro) chiedere, “perchè quella persona arriva a lavorare da casa (o da spazio di co-working) e io devo essere in ufficio?” È anche comune che un lavoratore a distanza si senta lasciato fuori dal giro perchè la comunicazione avviene maggiormente di persona.

Il passaggio da pensare a persone come “remoto” a squadre, essendo distributed teams, ci permette di semplificare la comunicazione, creare collegamenti più forti, espandere i candidati che assumiamo in modo da trovare la soluzione migliore per le nostre squadre, non solo con il talento “locale”.

Le caratteristiche dei distributed teams sono:

  • come lavoriamo è la forza trainante del nostro successo (non dove lavoriamo);
  • avere obiettivi concreti e realizzabili;
  • comunicazione chiara e focalizzata;
  • autogestione individuale che contribuisce in modo equo al successo della squadra.

Vediamo invece cosa non è il concetto di distributed teams:

  • un’opportunità di sottrarsi alla responsabilità;
  • un modo per uscire dall’essere parte di un gruppo;
  • la possibilità di evitare riunioni o di essere in mezzo alla gente.

Il modello distribuito ci permette di fare il nostro lavoro migliore quando i nostri corpi e le menti stanno meglio, piuttosto che doverci sentire dei “culi sulla sedia dalle 9 alle 17, per poter essere notati”.

Come le nostre tecnologie diventano più distribuite (come già sono), così le nostre squadre che diventando distributive facilitano la nostra capacità di pensare a come funziona il nostro software (e come può essere migliorato), e come il nostro software funziona aiuta a modellare il modo in cui i nostri teams cambiano in modo efficace i nostri prodotti verso il loro scopo finale.

Quindi questo è un invito a unirvi nel nostro viaggio verso l’eliminazione dell’idea di lavoratori remoti e abbracciare l’idea di teams distribuiti. Nei prossimi mesi pubblicheremo sicuramente retrospettive di quello che abbiamo visto (nelle organizzazioni) e come ha funzionato per i loro teams.

Vi invitiamo ad unirvi a noi a fare lo stesso utilizzando il tag #distributedteams per condividere ciò che avete visto voi stessi o provato, cosa ha funzionato e che cosa non è andato bene come speravate.

Non siamo in remoto. Non siamo in ufficio. Siamo distribuiti.

intopic.it